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Secondo il d.lgs. 81/08 (Testo unico per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro), il datore di lavoro è sempre tenuto a individuare, analizzare e valutare tutti i rischi presenti sul luogo di lavoro, in modo da salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Tra i rischi di tipo fisico vi è anche il cosiddetto microclima degli ambienti di lavoro, un aspetto che non può e non deve essere trascurato. Soprattutto negli ultimi anni, si è infatti ampiamente dimostrato che condizioni microclimatiche non ottimali, come possono essere sbalzi eccessivi di temperatura, umidità o correnti d'aria, hanno un impatto concreto tanto sulle condizioni di salute dei collaboratori quanto sulla loro produttività; e di conseguenza su tutte le performance aziendali.
Ma cosa si intende esattamente per microclima? E che cos'è il rischio microclima nei luoghi di lavoro? Scopriamolo in questo approfondimento di Climamarket, assieme alle principali misure di prevenzione e protezione per questa tipologia di pericolo.
Ancora prima di analizzarne cause e rischi, è fondamentale andare a definire cosa si intende per microclima sul luogo di lavoro. Stando alla normativa, per microclima si intendono quei fattori fisici ambientali che, assieme all'abbigliamento di un soggetto e ai suoi parametri relativi all'attività fisica e metabolica, vanno a determinare gli scambi termici che intercorrono tra i lavoratori e l'ambiente lavorativo.
Nell'ambito lavorativo, condizioni microclimatiche adeguate sono un requisito fondamentale per la salute e il benessere dei lavoratori, perché hanno un effetto diretto sulla qualità dell'aria indoor e più in generale degli ambienti in cui si lavora. Al contrario, una condizione di mancato comfort termico rischia di influenzare negativamente le funzioni vitali dei lavoratori e le loro prestazioni lavorative.
Stabilito cos'è il microclima, è possibile fare una distinzione tra diversi tipi di ambienti di lavoro proprio in base alle condizioni microclimatiche presenti. In particolare, abbiamo:
Pare dunque evidente che le misure di prevenzione e protezione previste dalla normativa non possono essere tutte uguali, ma variano a seconda del luogo di lavoro e della specifica attività lavorativa che vi viene svolta, così come in base alle condizioni tecniche presenti nell'ambiente.
Il microclima, anche sui luoghi di lavoro, è determinato da fattori ben precisi. A rendere un ambiente lavorativo confortevole o meno contribuiscono infatti la temperatura dell'aria, la temperatura media radiante, la velocità dell'aria e l'umidità relativa. Non solo, bisogna considerare anche specifici parametri individuali, come l'attività metabolica dell'individuo, la resistenza termica dell'abbigliamento indossato e la tipologia di mansione svolta.
Come già detto, un discomfort ambientale può avere un impatto significativo tanto sul benessere fisico e psicologico dei lavoratori quanto sull'economia dell'intera azienda. Pensiamo ai diversi malesseri fisici a carico di apparato respiratorio, muscolo-scheletrico e gastro-intestinale, o alla cosiddetta Sick Building Syndrome (o sindrome da edificio malato), che può portare a conseguenza anche gravi per l'organismo.
Nel caso non fosse possibile intervenire per modificare la temperatura di un ambiente e/o il suo livello di umidità con i dispositivi più adeguati, sarà necessario preservare i lavoratori dall'esposizione a condizioni microclimatiche non ottimali o pericolose, adottando precise misure correttive e dispositivi personali di protezione.
Il già citato d.lgs. 81/2008 include il microclima nei luoghi di lavoro tra gli agenti di rischio fisico per i lavoratori. Proprio per questo, il datore di lavoro è tenuto alla valutazione di ogni rischio per la salute e la sicurezza del personale, e dovrà mettere in pratica tutte quelle misure preventive e protettive utili a minimizzare tale rischio.
La normativa vigente, assieme alle direttive dell'INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro), definisce come deve essere eseguita la valutazione del microclima negli ambienti di lavoro.
Prima di tutto, si tratta di una valutazione che va fatta con cadenza quadriennale e in almeno due diverse stagioni (estate e inverno), andando a misurare parametri sia di tipo ambientale che individuale. Allo stesso modo, per determinare precisamente le condizioni di rischio microclimatico in un ambiente lavorativo, bisogna utilizzare strumenti certificati e correttamente tarati.
Grazie a queste indagini, sarà possibile verificare l'efficienza degli impianti di riscaldamento e raffreddamento, e l'efficacia di eventuali sistemi di trattamento dell'aria. Non solo, la valutazione del microclima permetterà di verificare la presenza di eventuale rischio microclimatico per i lavoratori, e di individuare le misure più adeguate da adottare per andarlo a limitare.
Per garantire ai lavoratori le condizioni di benessere adeguate, e limitare il più possibile tutti i rischi associati al microclima sul posto di lavoro, la normativa prevede che tutti i luoghi di lavoro siano dotati di un impianto di areazione efficiente, e che sia oggetto di una manutenzione periodica per evitare di esporre i lavoratori a correnti d'aria diretta.
Per legge, nell'ambiente di lavoro deve anche essere regolata adeguatamente la temperatura, tenendo conto delle attività di lavoro svolto e degli sforzi fisici richiesti ai dipendenti. Lo stesso vale per il grado di umidità, che va sempre tenuto sotto controllo e regolato in base alle esigenze tecniche del lavoro.
Esistono comunque altri tipi di interventi che consento di limitare o addirittura eliminare i rischi dovuti a condizioni microclimatiche avverse. È ad esempio buona norma ridurre o aumentare la ventilazione dei locali, potenziare l'impianto di riscaldamento e raffrescamento, isolare le fonti di calore, dotare gli impianti di termostati, evitare di affollare troppe macchine e personale in pochi locali, o ancora adottare dispositivi che riducano al minimo lo scambio termico tra interno e esterno, compatibilmente con le esigenze di sicurezza.